Il Comitato di coordinamento nazionale di Stai, stop taglio alberi italia, l’associazione ambientalista Wwf Lodigiano Pavese, la Lac (Lega Anti Caccia) Alto Pavese e l’Associazione per i Vivai ProNatura esprimono la loro profonda indignazione di fronte all’ennesimo scempio perpetuato a discapito del territorio pavese.
Nello specifico, ci riferiamo ad un’area fluviale ubicata nel comune di Villanterio (PV) e, più specificatamente ad un tratto di sponda di circa 3 Km del fiume Lambro meridionale, laddove è stata abbattuta la fascia di bosco ripariale costituita anche da piante secolari ed altre specie arboreo–arbustive di pregio. Parliamo di alberi che arrivavano ad un diametro di base di 2 m, una circonferenza di più di 5,5 m e altezze stimate di oltre 30 m.
I boschi ripariali sono quelli collocati in prossimità dei corsi d’acqua. Essi assolvono a specifiche funzioni nell’ecosistema, infrapponendosi tra il corso d’acqua stesso e i terreni circostanti. Quest’area è soggetta a leggi e vincoli, stante il fatto che per le sue peculiarità rappresenta un elemento distintivo e caratterizzante del territorio, già pesantemente deturpato dall’imperversante e irrefrenabile consumo del suolo della provincia in questione.
Oltre ad assolvere una funzione prevalente di tipo idraulico, il fiume e il suo ambiente rivestono una rilevanza paesaggistica e un ruolo significativo nella salvaguardia dei sistemi ecologici e naturalistici. In particolare, il corridoio fluviale del Lambro, dalla sua sorgente sino al Po, costituisce uno dei corridoi primari della Rete Ecologica Regionale (Rer), prevista dal Piano Territoriale Regionale (Ptr). L’area distrutta si caratterizzava come fascia di connessione (detta anche “corridoio ecologico”) ovvero strutture lineari e continue di paesaggio, di varie forme e dimensioni, che connettono tra di loro le aree ad alta naturalità. Esse rappresentano l’elemento cruciale delle reti ecologiche poiché permettono la mobilità delle varie specie animali e l’interscambio genetico, fenomeno indispensabile al mantenimento della biodiversità. Ambienti come quello compromesso, assolvono anche la funzione di “area tampone” (buffer) di protezione vegetale dalle attività agricole che fiancheggino tali corsi, mitigando la possibile contaminazione delle acque derivante da attività agricole limitrofe.
Per quel che ci risulta ad oggi, l’intervento in questione sarebbe stato eseguito, per tramite di un terzista, su una proprietà privata che collima con le sponde dopo rilascio di autorizzazione da parte di Aipo, l’ente interregionale a cui è affidata la gestione del Po (ex Magistrato del Po). Anziché operare un intervento manutentivo accurato, che avrebbe dovuto presupporre un’attenta valutazione preventiva del contesto e un intervento selettivo mirato a rimuovere piante pericolanti o specificatamente compromesse, si sarebbe abbattuto indistintamente qualsivoglia albero utile. Triste pensare che tali risorse, sottratte alla natura e alla collettività, finiscano solitamente in fumo e cenere alimentando voraci centrali a biomasse. Più che la produzione di energia elettrica di per sé, ciò che alletta sono i finanziamenti europei che ruotano attorno a tali impianti mascherati dietro la chimera della “sostenibilità”.
Nei fatti, questo non ha solo gravemente compromesso il paesaggio, ma ha anche prodotto un’alterazione duratura dei luoghi e dell’habitat naturale con potenziali ripercussioni sull’intero ecosistema di quel tratto di fiume. Gli effetti indotti sono “a domino”: intaccare la biodiversità di quel tratto di fiume innesca implicazioni dirette e indirette sulla fauna selvatica, in primis gli uccelli, con l’aggravante che ciò è avvenuto nel loro periodo di nidificazione. Oltretutto, l’alterazione dello stato naturale delle sponde potrebbe incidere anche sulla loro stabilità, determinando un effetto contrario a quello originariamente atteso.
Siamo sbigottiti nel constatare che Aipo, oltre a perseguire criteri di salvaguardia idraulica non riversi altrettanta attenzione anche gli aspetti più propriamente naturalistici ed ambientali. Ciò stride pensando che l’ente in questione è soggetto promotore del progetto “C.A.L.Me 2”, progetto finalizzato alla tutela e al potenziamento del corridoio ecologico fluviale del Lambro Meridionale e del Contratto di Fiume per realizzare tali intenti con i Comuni fluviali interessati. In tal senso, auspichiamo l’immediata adozione di prescrizioni più stringenti per richiamare l’osservanza di leggi e regolamenti, piuttosto che interventi di controllo puntuali sul campo, prima di tali interventi e in corso d’opera. Ciò al fine di prevenire danni similari a quelli documentati che vanno a discapito dei beni collettivi. È necessaria attuare una condotta di tutela più diligente. Rammentiamo che argini e sponde dei corsi d’acqua sono proprietà demaniale la cui gestione è delegata alle Regioni che, a loro volta, la affidano ad enti di territoriali.
È bene rimarcare che eventuali interventi di “compensazione”, di solito richiesti a seguito di accertamento di eventuali responsabilità, vengono effettuati con impianti di giovani arbusti. Per quanto essi siano auspicabili, non sono affatto sufficienti a risarcire della portata del danno cagionato. Non a caso, ci si sta orientando a livello internazionale affinché i crimini ambientali vengano riconosciuti tra i crimini contro l’umanità. Per suddette ragioni, le associazioni ambientaliste coinvolte si riservano di operare ulteriori approfondimenti e azioni del caso in tutte le sedi utili.
Questo non è un caso isolato: su tutto il territorio pavese è in atto un’aggressione al patrimonio arboreo e boschivo. Una cosa è la manutenzione selettiva e di contenimento, altra cosa è la devastazione. In pianura stiamo andando verso una progressiva desertificazione del territorio quando, invece, gli alberi andrebbero tutelati in quanto rappresentano l’unica vera risorsa di mitigazione per contrastare i cambiamenti climatici in atto. Andrebbe inoltre preservata per legge la biodiversità, ovvero la salvaguardia delle molteplicità di specie autoctone e tipiche in contesti naturalistici originari.
Gli alberi vengono tagliati (spesso abusivamente) o capitozzati per essere utilizzati come biomassa legnosa. Da alcuni anni il fenomeno “taglio alberi” è purtroppo agevolato da alcune leggi del Tuff (Testo unico delle foreste). Stai Stop Taglio Alberi Italia intende documentare approfonditamente questo fenomeno largamente diffuso su tutto il territorio nazionale, non solo in contesti rurali ma anche urbani, periurbani, agricoli e boschivi. Spesso è praticato adducendo motivazioni a dir poco pretestuose e decisioni irresponsabili. Resta il fatto che si sta compromettendo seriamente il capitale naturale nazionale e i diritti fondamentali della società civile. È urgente intervenire per ridefinire il sistema legislativo europeo e nazionale prima che sia troppo tardi.
Aggiungiamo che il territorio pavese vede gravemente compromesso il suo patrimonio arboreo anche in conseguenza dell’imperversante fenomeno del consumo di suolo prodotto indotto dalle piattaforme logistiche. Tale fenomeno, promosso da amministrazioni locali miopi, sta compromettendo irrimediabilmente intere aree con gravissime implicazioni sul paesaggio, sull’ambiente e anche su ogni forma di inquinamento a discapito della biosfera circostante, acuendo così ulteriormente i rischi anche per la salute.
Invitiamo chiunque veda praticati tagli consistenti di alberate, filari o porzioni boschive, nonché capitozzature anziché potature, a segnalarci questi casi sui canali social (gruppi Facebook) così da predisporre gli opportuni accertamenti del caso a salvaguardia dei beni collettivi.
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Marco Menghini, attivista ambientalista, Coordinatore di Stai, stop taglio alberi italia – Comitato di coordinamento nazionale, referente per Pavia e Alto Pavese per Wwf Lodigiano Pavese
Giovanni Barcheri, attivista ambientalista, naturalista, biologo, membro del Comitato scientifico di Stai, stop taglio alberi italia, membro esperto di Wwf Lodigiano Pavese e membro del Consiglio direttivo dell’Associazione dei Vivai ProNatura di San Giuliano Milanese